“Gentile dottoressa, le scrivo per chiederle un consiglio rispetto ad una situazione personale che mi preoccupa da qualche tempo. Mio figlio Marco, che ha quasi 17 anni, da quest’anno ha difficoltà ad andare a scuola. Non riesce ad alzarsi la mattina, ha già fatto molte assenze e ritardi e sta collezionando una serie di brutti voti. Sono già andata a parlare con i suoi insegnanti che non si spiegano i motivi delle sue difficoltà che in passato non sono mai state così evidenti. Ogni tanto mi chiamano da scuola perché soffre di cefalea o di attacchi di colite e devo correre a riprenderlo.

Marco frequenta un Istituto Professionale che ha scelto a suo tempo soprattutto per restare con gli amici delle Medie.

Adesso è iscritto al quarto anno e io sto insistendo affinché si metta in testa di studiare per prendersi il Diploma e trovarsi un lavoro. Lui non mi sembra molto convinto, si trascina a scuola ogni mattina ma lo vedo spesso pensieroso e distante. Non ha molti amici e passa la maggior parte del pomeriggio sul PC o a giocare con la PS. Come devo comportarmi? Potrebbe essere utile portarlo da uno psicologo? So che a scuola c’è uno sportello di consulenza, devo convincerlo ad andare a farsi aiutare? Aspetto le sue indicazioni. “

Lettera Firmata

Gentile sig.ra, dal quadro che emerge dal suo racconto mi sembra di capire che Marco sta riflettendo sul suo progetto di vita e forse sta un po’ ripensando alla scelta scolastica che ha fatto in passato senza esserne troppo convinto.

Il repentino calo del rendimento scolastico, piuttosto inatteso dai docenti che lo conoscono, la difficoltà nel seguire le lezioni e le lamentele psicosomatiche ricorrenti sembrerebbero delineare un quadro di abbandono scolastico mascherato[1].

Marco vorrebbe in realtà ripensare alla sua scelta formativa ma le pressioni che gli vengono fatte in famiglia e a scuola gli impediscono di agire seguendo le sue reali inclinazioni.

Si tratta di un gioco piuttosto pericoloso perché c’è il rischio che Marco agisca un acting-out[2] proprio in prossimità dell’esame di Stato (previsto per il prossimo anno), impedendosi di concludere un ciclo formativo che non condivide più perché non lo sente adeguato ai suoi interessi.

Fare l’invio forzato ad uno psicologo non può essere una soluzione perché non si può aiutare una persona che non desidera essere aiutata.

Le suggerisco piuttosto di riconsiderare la sua posizione rispetto a suo figlio e alla sua frequenza scolastica: è proprio indispensabile costringerlo a concludere una scuola che ormai gli sta troppo stretta? Lei ha fatto riferimento ad un percorso professionale, quindi Marco sta imparando a svolgere una specifica occupazione che dovrebbe poi caratterizzare la sua vita lavorativa futura.

Ma lei è proprio sicura che sia questo che realmente vuole suo figlio?

Invece di fare un invio all’esperto sarebbe il caso di rivedere, insieme a suo figlio, quali sono le sue aspettative e le sue speranze future; al di là della scelta “sbagliata” intrapresa a suo tempo, ha mai chiesto direttamente a Marco cosa vorrebbe fare nella sua vita?

Ci potrebbero essere delle attività anche molto semplici che lui desidera fortemente fare, provi a parlare con lui apertamente, cercando di ascoltare i suoi bisogni e mettendolo in condizioni di esprimere apertamente i suoi desideri, senza il rischio di essere attaccato e/o giudicato.

La richiesta di un incontro di confronto con l’esperto psicologo e/o psicoterapeuta potrebbe essere fatto da lei e da suo marito, proprio per essere aiutati a trovare le strategie migliori per accompagnare al meglio vostro figlio in questa delicata fase della sua crescita.

Aspettiamo sue notizie in merito ai successivi sviluppi e rimaniamo a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Dr.ssa R. Poli, Presidente dell’Associazione

[1] Il ragazzo ha abbandonato di fatto la scuola, anche se continua con una frequenza discontinua e scarsamente motivata.

[2] Si tratta di un’azione, anche dirompente, che viene compiuta in maniera istintiva e diretta, senza la mediazione del pensiero.