Mi chiamo Roberta Poli ed insegno in un Istituto di Istruzione Superiore di Roma (Piaget-Diaz). Di fronte all’ennesimo caso di bullismo, anche in qualità di psicologo scolastico, ho ritenuto opportuno portare alla vostra attenzione una breve riflessione.

Le linee di orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo, elaborate nell’aprile del 2015 dal MIUR con il contributo degli Enti afferenti all’Advisory Board del SIC II per l’Italia, delineano una serie di iniziative possibili in questo ambito, sollecitando le scuole a promuovere precise iniziative in tal senso.

Alla vigilia del termine previsto per l’approvazione dei PTOF converrebbe chiederci quante scuole di ogni ordine e grado hanno realmente recepito quanto contenuto nelle linee guida e approntato idonee strategie operative utili alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno delle prevaricazioni tra pari.

A fronte della buona volontà che sicuramente diversi Istituti hanno dimostrato in tal senso, sarebbe il caso di chiedersi come si intende sostenere economicamente queste iniziative, che inevitabilmente dovranno essere realizzate in un’ottica sistemica e tarate sul lungo periodo, per poter dare risultati tangibili e soprattutto duraturi.

Vale la pena sottolineare che i fondi recentemente messi a disposizione dal MIUR per sostenere iniziative in tal senso (vedi D.D. 1135 – 30/10/2015 “Piano di azioni e iniziative per laprevenzione dei fenomeni di cyber-bullismo”) ammontano a 440.000,00 Euro stanziati, con relativo avviso, sull’intero territorio nazionale, praticamente una goccia nel mare.

Dirò di più, perchè la rete dei Centri Territoriali di Supporto e dei Centri Territoriali per l’Inclusione (CTS e CTI) chiamati a sostituire gli Osservatori Regionali sul bullismo, si trovano ad operare su territori vasti e impegnativi, come ad esempio le scuole di Roma e Provincia, con risorse umane e materiali estremamente esigue.

Di fronte a tutto questo, lo stupore per l’ennesimo caso arrivato alla ribalta delle cronache non può che far riflettere sulle reali capacità degli adulti nella scuola di cogliere i segnali di allarme di questo preoccupante fenomeno, che prolifera senza limiti, ma soprattutto sulla volontà di fornire concretamente strumenti e aiuti indispensabili a formare tutte le componenti della scuola in tal senso, senza dover aspettare che una ragazzina debba sacrificare la vita per ricordarci che questo pericolo è terribilmente reale e quotidianamente presente in molte delle nostre aule.